sabato 3 luglio 2010

I due Imperi, Milano Palazzo Reale


L'obiettivo della mostra avrebbe voluto essere quello di mettere a confronto due grandi civiltà del mondo antico: Roma e la Cina.
Obiettivo ambizioso! e certamente difficile!
Talmente arduo che il fine non è riuscito!
Partendo dall'ambito cronologico II sec. a.C. - IV sec. d.C.: questo arco temporale è di per se insignificante per entrambi gli imperi, non ci sono né svolte epocali né avvenimenti degni di nota, presentando la mostra in questo (s)contesto.
La prima sala, che dovrebbe essere il biglietto da visita dell'intero percorso delude immediatamente: la stanza è parecchio scura, con illuminazione scarsissima, se non per qualche proiettore diretto sulle poche opere presenti; lo spettatore viene accolto da due gessi, appartenenti agli anni Trenta (?), di minacciosi legionari,per proseguire verso un sarcofago cinese, dei cippi cinesi ed una decorazione romana raffigurante un'aquila, il tutto accompagnato dal pannello introduttivo di Finazzer Flory, che dovrebbe spiegare le motivazioni scientifiche della mostra, che non sussistono, ma al massimo cogliendo vagamente che Milano è amica dell'Oriente. Fortunatamente il pannello non è illuminato, per vergogna o per pudore, ed un visitatore distratto potrebbe non notarlo.
Approdando nella seconda sala si assiste ad un ribaltamento cromatico: si passa dal nero delle pannellature introduttive al giada, da un'illuminazione diretta su alcuni pezzi ad una diffusa e più ariosa, che tuttavia non è adeguata e non valorizza il pezzo); ma dopo l'impatto non esattamente positivo della prima sala, dalla seconda in poi il livello cala vertiginosamente: i pezzi, assolutamente pregevoli e di alto livello nella loro individualità, sono mantenuti distinti per afferenza romana e cinese, senza mai accostarli per fare paragoni. Tali pezzi sono ordinati senza una logica, non c'è coerenza (e.g. nelle sezioni relative al teatro latino ed ai giochi gladiatorii i pezzi sono mischiati senza ragione); le didascalie, poste sulle vetrine non seguono l'andamento dei pezzi e diventa difficoltoso capire cosa si sta guardando. L'intero percorso è difficoltoso perché consta di un accostamento di episodi sociali singoli che non sono legati tra loro, tutto questo passando per una sezione sulla Milano romana, elemento ancora più estraneo di quanto già non fossero i pezzi tra loro.
L'unico punto di contatto tra le due civiltà è, così pare, il commercio della seta: un
fil rouge
che unisce i due imperi, ma forse si tratta di un filo troppo debole e troppo corto per legare due tradizioni così distanti tra loro.
Anche le didascalie ed i pannelli esplicativi hanno dei rilevanti limiti: le didascalie per le opere romane sono adeguate e recano le informazioni basilari per la comprensione, benché siano collocate disordinatamente e non in prossimità dei pezzi cui afferiscono; le didascalie per le opere cinesi risultano incomplete: recano le informazioni basilari tuttavia non indicano le date delle stesse, se non citando la dinastia di riferimento, ne consegue che un visitatore medio non esperto di storia cinese non è in grado di collocare cronologicamente. Circa l'apparato esplicativo è lodevole lo spirito di sintesi, che vuole dare dei focus precisi senza entrare troppo nel dettaglio, se non fosse per le numerose imprecisioni storico - fattuali, almeno per l'ambito romano, e per gli errori ortografici che accompagnano il visitatore durante tutto il percorso.
Concludendo, l'intera mostra sembra un'accozzaglia di oggetti messi a caso, senza nessuna logica; il catalogo, essendo specchio della mostra, eredita l'impostazione estremamente confusionaria mischiando utleriormente i pezzi tra loro.
Ipoteticamente si sarebbe potuto procedere facendo raffronti concreti tra esemplari romani e cinesi ed analizzarli o per contrasto o per analogia, nel solco degli episodi sociali, del commercio, della religione e/o di altri fenomeni culturali ed artistici; invece al termine della visita si ha l'impressione di aver assistito ad un compendio troppo generale di due società che, impostato in tale maniera, non hanno punti di contatto.